È l'ora, amici, l'ora è giunta.
Assisteremo allo spettacolo di un Dio che muore per amore, che si consegna
alla volontà di un uomo che non si
consegna a Dio.
Oggi il Signore inventa
la Cena, povero segno di un amore assoluto, piccolo gesto di un cuore
che esplode.
La Cena. La prima, l'unica, quella che
ripetiamo in obbedienza, quella che stravolgiamo e offendiamo con le nostre
celebrazioni zoppicanti, con le nostre devozioni appassite, con le nostre
gestualità incancrenite.
Eppure basterebbe guardare e tacere,
mettersi in un angolo della stanza al piano alto, al lume delle candele che
bruciano olio, per sentirsi travolgere.
Ecco.
Dio ha dato tutto, che altro?
I suoi non capiscono, discutono (cfr la Cena
in Luca), sono altrove, spaesati, straniti, sciocchi.
La missione è fallita, il popolo non ha
riconosciuto il Messia, non l'ha voluto, non ha superato l'insormontabile
ostacolo della sua banalità, della sua insostenibile umanità.
Tutto è compiuto, Gesù è totalmente
solo, definitivamente solo. Dio è abbandonato. Silenzio, amici, silenzio.
Oggi a scuola, al lavoro, viviamo come
se fossimo in clausura, il cuore gonfio come chi sta per partecipare al più grande
dei momenti, al più inatteso dei doni. Oggi
Dio inventa l'Eucarestia, e il Sacerdozio. L'uno per l'altro e, insieme,
immaginati per manifestare la misura dell'amore.
Abbi pietà di noi, Dio che indossi il
grembiule e ti metti al servizio di noi mendicanti, abbi pietà di noi e della
nostra incommensurabile indegnità.
Paolo Curtaz
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